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Riflessioni in Margine allo Scavo

Dagli elementi fin qui emersi sembrerebbe che il primo nucleo abitato di AK9 sia stato un villaggio di capanne costituitosi verso la fine dell'epoca eneolitica (NMZ III). È probabile che agli inizi il sito sia stato abitato solo periodicamente da gruppi di pastori durante le transumanze e che in seguito, per gemmazione di un insediamento stabile giunto al break-out point demografico, si siano qui trasferiti i nuovi coloni.

Solitamente questo processo matura nell'ambito di un'area geografica abbastanza limitata ed è quindi ipotizzabile che AK9 sia stata filiata da un insediamento abbastanza vicino situato nella Margiana.

L'ambiente di AK9 compreso tra due rami dell'antico delta del Murghab, si prestava favorevolmente sia all'agricoltura che all'allevamento. Teniamo infatti presente che, all'epoca, si tendevano a sfruttare (come già in Egitto e in Mesopotamia) le esondazioni periodiche per fertilizzare la terra e che i primi tentativi di irregimentazione dei corsi d'acqua apparvero solo durante l'età del Bronzo quando ebbe ad affermarsi la nuova tecnologia metallurgica. Processo ben noto per Ilginly e Altyn Tepe dove Bruno Marcolongo ha localizzato nel 1992 un importante sistema irriguo imperniato sul Tedjien (MARCOLONGO B., MOZZI P.: 1992, 1997 e 1998). Oggi, mentre attendiamo l'allargamento delle indagini archeologiche ad altri siti dell'oasi di Adji Kui, possiamo solo constatare che alcuni reperti di AK9 segnalano delle affinità sia con i livelli di NMZ III di Altyn Tepe che con i siti eneolitici delle valli del Gorgan, dell'Atrek e del Sumbar.

Durante la fase successiva (sottofase 1B), nonostante i vincoli impostici dagli strati superiori, AK9 ci appare già come un insediamento articolato ed esteso. Durante questo periodo che pensiamo di poter attribuire al Bronzo iniziale (inizi di NMZ IV), le abitazioni erano già confortevoli, provviste al loro interno di un tipo di caminetto abbastanza elaborato. Particolarmente significativo è stato il ritrovamento di alcuni idoletti femminili di concezione arcaica che testimonierebbero la presenza del culto per una Dea Madre.

Ensempio di insediamento pastorale della fine del IV inizi del III mill. a.C. (Da un sigillo cilindrico di Khafaje, museo di Bagdad).
Ensempio di insediamento pastorale della fine del IV inizi del III mill. a.C. (Da un sigillo cilindrico di Khafaje, museo di Bagdad).

Prime Presenze Sumero-Elamite

Durante la sottofase 2A , che corrisponderebbe agli inizi del periodo NMZ V, si assiste al progressivo affermarsi di un insediamento stabile che sostituisce gradatamente le capanne e i ricoveri occasionali costruiti dai pastori transumanti. Nasce il primo nucleo di un villaggio in muratura che abbiamo potuto indagare solo in minima parte dal momento che si sviluppa al di sotto dei livelli della fase matura. Qui abbiamo rinvenuto alcuni reperti che suggerirebbero anche la presenza di un nucleo mesopotamico: forse insediatosi accidentalmente nel villaggio, forse causa o concausa della trasformazione dello stesso da accampamento temporaneo in un insediamento fisso. Tra questi reperti spicca in particolare un passabriglie in bronzo di squisita fattura localizzato nell'edificio costituito dalle stanze n.170-174-175 accanto a un flacone da cosmesi, uno specchio circolare in lamina, un bastoncino applicatore in bronzo e lo stelo di una coppa in alabastro. Come abbiamo gà anticipato, il passabriglie in questione è simile ad altri due esemplari conservati al Louvre e al Metropolitan Museum e, espertizzato da Pierre Amiet, è stato assegnato al periodo Ur DA III b, ossia ad un arco di tempo compreso tra il 2500 e il 2350 a. C. È qui il caso di ricordare che questo reperto è peculiare delle tombe reali di Ur : cosa che, oltre ad aiutarci nello stabilire una cronologia, ci suggerisce anche alcune riflessioni sui rapporti tra la Margiana e l'ambiente mesopotamico. Oggi gli specialisti indicano il secondo quarto del III millennio a.C. come inizio dell'espansionismo sumero, soprattutto commerciale.

Ricorda P.Amiet che agli inizi di questo periodo, ossia verso il 2700 a.C., la componente etnica di cultura mesopotamica aveva preso il sopravvento nell'Elam reinserendo Susa, la capitale, nell'orbita sumera; e ricorda che il dinamismo della civiltà mesopotamica aveva allora indirizzato le città-stato di tipo sumero alla ricerca delle ricchezze minerarie e delle fonti da cui giungevano i prodotti di prestigio, spingendo mercanti e avventurieri in regioni sempre più lontane (2007: pg 61 e seg.).

Reperti ascrivibili alla sottofase 1 A rinvenuti in Adji Kui.
Reperti ascrivibili alla sottofase 1 A rinvenuti in Adji Kui.

Al nord entrarono in contatto con i nomadi delle valli del Luristan e al Sud con il rame e le pietre dell'Oman, l'antico paese di Magan; all'Est, eon l'alabastro e la clorite del Kerman e con il lapislazzuli dell'Indo. Ora, dopo i ritrovamenti di AK9, possiamo pensare che i Sumeri e gli Elamiti abbiano cercato di raggiungere le miniere della Valle dell'Indo battendo anche una via del Nord-Est, una "Via delle Oasi" che si snodava attraverso il deserto di Lut.

Per tutto il III millennio e buona parte del II, il cavallo è riservato al traino di carri da parata o da guerra. Una precisazione che ci riporta al nostro passabriglie e al naturale quesito che ha sollevato: cosa ei faceva un carro da parata di tradizione sumera in uno sperduto villaggio della Margiana? Per poter trovare una spiegazione ragionevole è bene tener conto che il commercio mesopotamico a lunga distanza costituiva una prerogativa o del re o del tempio che di norma affidavano proprie missioni commerciali a degli esponenti della nobiltà. Regola che si modificherà solo agli inizi del II millennio quando la mercatura verrà riconosciuta come attività libera e indipendente.

Per tutto il III millennio i nobili mercanti inviati lungo le rotte carovaniere cercheranno di organizzare il proprio lavoro creando dei fondaci o delle colonie mercantili, i karû, nei territori dove intendevano operare. Originariamente con il termine karû, ci  si riferiva alla riva del fiume dove i mercanti tenevano banco. Ma, dalla fine del III-inizi del II millennio questo termine divenne familiare anehe oltre la Mesopotamia, dall'Anatolia al

Caspio all'Oceano Indiano, per indicare un quartiere dove si raggruppavano i mercanti. Le ricerche condotte su questo tema soprattutto da Cécile Michel (v.bibl.) hanno messo in luce che si trattò di un clichet rimasto pressochè immutato dal III al I millennio a.C., non solo nei tratti giuridico-organizzativi ma anche negli schemi edilizi che regolavano l'organizzazione del quartiere-colonia. Tipico modello e il karû, di Kaniš che risale al XIX secolo a.C. e che troviamo riproposto nel suo impianto generale un po' dappertutto. Forse anche nel Main Complex di AK9. Se così fosse, potremmo ritenere molto probabile la presenza in AK9 di una piccola colonia commerciale sumero-elamita a partire dagli inizi del periodo NMZ V, ossia tra il 2500-2400 a.C.; un periodo che corrisponde alla seconda fase dell'Antico Dinastico sumero (3000-2340 a.C.) caratterizzata appunto dai primi tentativi di organizzazione commerciale sulle lunghe distanze.

La cCttadella Turrita

La sottofase 2B , che si situa in piena epoca Accadica (2334-2193 a.C.), è dominata dalla costruzione delle mura di cinta che hanno trasformato il villaggio in una cittadella fortificata. Sotto il profilo pratico, questa trasformazione richiese la demolizione di alcune preesistenti abitazioni, il riadattamento di altre e la costruzione ex-novo di quartieri protetti da mura di cinta ehe riflettono l'esistenza di un preciso progetto difficilmente realizzabile con le sole forze e con le capacità tecniche degli abitanti dell'Oasi. Proviamo a fare qualche calcolo. Considerando le sole mura di cinta esterne ed interne più le 20 torri annesse, eseguite "al nudo", ossia senza le infrastrutture di rinforzo e di arredo (camminamenti, spuntoni, pilastri, scale, ecc.) devono esser stati edificati almeno 700 metri di un muro largo mediamente 1 metro e alto minimo 3 metri che ha richiesto la produzione e la messa in opera di circa 200.000 mattoni standard.

Ora, sia dai lavori già segnalati di P.Basaglia e di V.M. Masson, sia dagli studi di A.V. Ikonnikov e G.S. Stepanov (1971: 87) già presi in esame in un nostro precedente intervento sulla cosiddetta fattoria di AKI (ROSSi-OSMIDA G., UDEUMURADOV B : 2003, 66 e segg.) risulterebbe che una media di 10 uomini riusciva a fabbricare circa 70 mattoni al giorno. Calcolando poi il trasporto e la messa in opera, questi 10 uomini potevano impiegare circa 140 giorni per posare 65.000 mattoni.
AK9 angolo S/W.
AK9 angolo S/W.
Durante la sottofase 2A gli abitanti di AK9 non erano particolarmente numerosi e, da stime fatte, non raggiungevano le cento unità, compresi donne e bambini: media tipica dei villaggi della prima età del Bronzo. Tenendo conto degli addetti alle necessità di sopravvivenza (lavori agricoli, pastorizia, preparazione del cibo, raccolta legna, ecc.), degli ammalati, degli invalidi, degli infanti e dei bambini non in grado di lavorare ci sembra verosimile che abbiano potuto dedicarsi a questa incombenza solo una ventina di persone che, owiamente, rappresentavano la "forza lavoro" al completo del villaggio. Quindi, applicando i parametri suggeriti dagli autori sopra citati, risulterebbe che, per fabbricare 158.000 mattoni, questi 20 uomini avrebbero dovuto impiegare circa 170 giorni e che, per il trasporto e la messa in opera, sarebbero stati necessari altri 140 giorni. Si devono inoltre aggiungere i tempi morti, gli imprevisti e i lavori indotti senza i quali non era possibile realizzare l'impresa.

Va ancora ricordato che per fabbricare i mattoni necessitava realizzare un impasto all'interno di ampie fosse dove si canalizzava (o si trasportava) dell'acqua; fosse ehe venivano scavate con gli strumenti allora disponibili, per lo più in legno, che si impiegavano anche per procurarsi l'argilla e amalgamare l'impasto. AlL'interno dell'impasto si aggiungevano anche la paglia e il fieno come sgrassanti: e, proprio dalle analisi paleobotaniche effettuate, è risultato che le erbe utilizzate a questo scopo erano tipiche di una ben definita finestra climatica, quella estivo-autunnale. Cosa che limita ancor più i periodi dedicati al lavoro edilizio.

I costruttori dovevano inoltre predisporre le gettate in glyna per creare la base d'appoggio delle fondamenta, preparare la "malta" e il plaster protettivo da applicare sulla struttura muraria. Quindi, a conti fatti, la realizzazione di un'opera così impegnativa, se attuata con le sole forze disponibili nel villaggio di AK9 (o nelle immediate adicenze) necessitava di circa tre-quattro anni di tempo durante i quali l'economia del villaggio avrebbe dovuto esser congelata ad una soglia di semplice sopravvivenza. Tre-quattro anni che pesavano non poco anche psicologicamente, tenendo conto che a quel tempo la vita media era di circa trent'anni.

Perché allora? È pensabile che un villaggio fino ad ieri agricolo-pastorale decida improvvisamente di paralizzarsi per quattro anni per costruirsi una cinta muraria fortificata ? Non solo, ma che realizzi anche un progetto "urbanistico" che prevede una serie di soluzioni tipiche dell'architettura militare quando, fino allora, nella tradizione margiana i villaggi non erano mai stati fortificati? A quale scopo ? Mi sembra si tratti di un ragionevole dubbio che ci induce ad ampliare un po' il nostro orizzonte alla ricerca di una spiegazione plausibile. Fino a questo momento le città-stato mesopotamiche, elamite e margiane si erano fatte equilibrio tra loro, non essendo  interessate a prevaricare l'una sull'altra; nessuna di loro aveva mai pensato  all'annientamento di un vicino perché questo avrebbe significato la destabilizzazione di un sistema ben collaudato. Per questo l'architettura sumera pre-accadica non presenta esempi di strutture difensive nel vero senso della parola, come hanno evidenziato Schmokel, Chierici, Laroche e Arborio Mella (v. bibl.) ; per questo anche il primitivo impianto di AK9 che ospitava un probabile karû di tipo mesopotamico, fino a questo momento non era stato protetto da mura fortificate. Ma verso il 2330 a.C. arrivò Sargon di Akkad che distrusse i vecchi equilibri tra le polis per creare un proprio stato imperialistico.

Scrive Jean Daniel Forest: "Attaccando i privilegi della nobiltà tradizionale ed offrendo a degli individui ordinari delle nuove possibilità di promozione sociale (in particolare nel quadro dell'esercito) i  Sargonidi dissociano funzione e status. Facendo convergere la ricchezza verso delle persone che sono imposte per i loro meriti, cioè verso nuove categorie sociali, favoriscono ugualmente quei rapporti mercantili che tendevano già a stabilirsi durante l'epoca precedente, e accelerano l'apparizione definitiva di un ordine economico che non era, fino ad allora, che in gestazione." (1997: 243).
La costruzione di una città della fine del III mill. a.C. come documenta la stele di Ur-Nammu (ca 2100 a.C.), fondatore della III dinastia di Ur.
La costruzione di una città della fine del III mill. a.C. come documenta la stele di Ur-Nammu (ca 2100 a.C.), fondatore della III dinastia di Ur.

In pratica gli Accadici mantennero e potenziarono le correnti di traffico commerciale tracciate dalle ex colonie sumere limitandosi a sostituire la precedente classe dirigente con propri ufiiciali meritevoli, incaricati di amministrare e di "difendere" i territori ehe venivano loro assegnati. Organizzare la difesa del territorio: ecco la novità. D'altronde era prevedibile che, avendo dato la stura alle "guerre di conquista", il conquistatore si fosse posto a sua volta nella condizione di esser conquistato. Da qui la necessità di mettere a punto un sistema di architettura difensiva a tutela del nuovo Impero di Agadé. Gli Accadici concentrarono quasi subito la propria attenzione sul fronte margiano organizzando una linea di difesa fortificata che, anche se in modo episodico e rarefatto, troverà riscontro sul fronte orientale battriano. Ma in quest'ultimo caso, più che a un progetto collettivo di autodifesa, è più corretto pensare a una serie di iniziative particolari messe in essere da alcune polis a tutela dei propri commerci. Illuminante è il caso dell'importante nodo carovaniero della piccola Shortughai che commerciava il lapislazzuli del Badakshan e che tra il 2300 e il 1600 a.C. non venne mai fortificata.

I motivi che incoraggiarono queste scelte non ci sono noti ma sono facilmente intuibili. Senz'altro esisteva la necessità di far fronte agli sbandati che avevano subito la conquista accadica e alle bande di predoni nomadi ehe infestavano la regione. Ma, forse, gli Accadici pensavano anche di realizzare una testa di ponte in Margiana per poter espandersi nella Battriana; e questo deve aver suggerito all Battriani l'opportunità di fortificare le corrispondenti cittadelle poste immediata­mente ad est dell'Oxus. Sia come sia, gli Accadici erano indubbiamente interessati alla Margiana e non fu certo una casualità se qui sorsero le prime fortezze di tipo elamita (cfr: P.AMIET: 2007, 65). Tra le più antiche ci sembra di poter inserire anche quella di AK9 dal momento che le evidenze archeologiche e di laboratorio ci fanno guardare al 2300-2200 a.C. come al periodo in cui venne realizzata la cinta muraria protetta da 20 torri rettangolari. Si tratta di un impianto tipico dell'ambiente elamita della fine del III millennio che, per esser realizzato in tempi ragionevolmente brevi (come imponeva la situazione), presupponeva dei costi sostenibili solo dal potere centrale che prevedeva tra l'altro l'impiego di una forza-lavoro consistente, forse assicurata dall'esercito e-o da leve coatte' e la stesura di un progetto globale che troviamo applicato anche in altri siti margiani. Si è talvolta obiettato che, a favore di queste ipotesi, mancherebbero dei riscontri ceramici. Ossia la bella ceramica mesopotamico-elamita, solitamente presente nelle colonie commerciali aperte verso ovest, qui sarebbe desolatamente assente. Ma si dovrebbe aggiungere che appare altrettanto assente anche quella della Valle dell'Indo anche se gli stretti contatti con questa cultura sono stati da tempo documentati.

Avremo occasione di tornare sull'argomento nel prossimo volume dedicato in particolare alla descrizione dei reperti; vorrei qui però anticipare che molte forme della ceramica margiana sono indubbiamente influenzate da quelle mesopotamico-elamite anche se la decorazione risulta limitata a motivi graffiti in armonia con l'ambiente margiano. Quanto poi al fatto di non aver fino ad oggi rinvenuto traccia di una ceramica esportata dal Sud, a mio parere questo andrebbe messo in relazione con una semplice legge di mercato: qui, come in Battriana, probabilmente non esisteva una domanda di questo prodotto e, conseguentemente, non era giustificabile la creazione di un flusso di mercato.

L'Epoca Matura

Come abbiamo già evidenziato, dopo la realizzazione della cinta muraria, si è inizialmente costruito il mastio che domina il settore N eseguendo contemporaneamente alcune ristrutturazioni di preesistenti strutture (sottofase 3A); poi, trascorso qualche decennio, si verificò un notevole incremento abitativo (sottofase 3B) che portò la cittadella al massimo sostenibile dalla propria potenzialità urbanistica, occupando ogni spazio disponibile all'interno delle mura.

Dagli elementi stratigrafici e dalle analisi di laboratorio risulterebbe che la costruzione del mastio sia avvenuta tra il 2100 e il 2000 a.C. cosa che lo collocherebbe o alla fine di NMZ V (Lecomte-Francfort) o fine NMZ V - inizi NMZ VI (Masson-Berezkin).

Al momento la destinazione d'uso di questo importante edificio non risulta del tutto chiara, nonostante possegga dimensioni ragguardevoli e una planimetria regolare che presuppone a monte un intervento progettuale. Strutture simili, alternativamente interpretate come fortezze, caravanserragli, palazzi, templi, sono abbastanza note per l'architettura della Battriana e della Margiana meridionale dove diversi autori le collocherebbero agli inizi del periodo NMZ VI, quindi in un periodo compreso tra il 2000 e il 1800 a.C.

Progetto di recinzione fortificata della città di eninnu inciso su di una statua di Gudea in diorite nota come "L'architetto e il suo progetto" (ca 2100 a.C.), conservata al Museo del Louvre.
Progetto di recinzione fortificata della città di eninnu inciso su di una statua di Gudea in diorite nota come "L'architetto e il suo progetto" (ca 2100 a.C.), conservata al Museo del Louvre.
Ma è singolare l'afinità dell'impianto fortificato di epoca matura con quello contemporaneo della mesopotamica Mari III (2200-1800 a.C.); come ci appare degno di rilievo il progetto della cinta muraria di Eninnu inciso su di una statua di Gudea in diorite conservata al Louvre, "L'architect au plan" (2125-2110 a.C.), che espone un sistema di fortificazione basato su mura munite di torri quadrate che risente della tradizione accadica. Appena qualche decennio dopo la realizzazione del mastio, si ebbe a verificare un incremento del tessuto abitativo in AK9 che coincise con la massima urbanizzazione della cittadella e che si espresse anche attraverso la costruzione o l'ampliamento di numerose abitazioni. Tradotto in cifre e applicando le stime paleodemografiche di Masson, si può ritenere che, in questo periodo, AK9 raggiungesse i 6-700 abitanti, il massimo consentito da questo tipo di struttura.

Il Collasso e la Fine

Forse proprio la politica aggressiva praticata dai Sargonidi che aveva destabilizzato il vecchio sistema basato sulle città-stato, causò  delle contro-spinte da parte di popolazioni disperse che portarono in seguito alla formazione di nuovi imperi egemonici in Siria, Mesopotamia e Iran. Tanto che Forest interpreta la ribellione dei Guti degli Zagros come una specie di nemesi che si abbattè sull'Impero di Agadé. Con la caduta dell'Impero (circa 2230 a.C.) si inaugurò un'epoca confusa ehe portò alla ricostituzione di particolarismi regionali con la nascita di una serie di principati. Poi la dinastia di Ur III (epoca neo-sumera) riuscì a ricostituire l'unità nazionale per un altro secolo: 2120-2020 a.C.

Sempre J. D. Forest, a proposito di Ur III, scrive: Dopo un periodo di disordini marcato da un sussulto di movimenti autonomistici, lo stato si riforma con la III Dinastia di Ur ma questa volta su basi differenti. Mentre lo stato accadico, fondamentalmente predatore, fondava la propria esistenza sul saccheggio di regioni sempre più lontane, lo Stato di Ur III, amministratore e gestore, si impegna a sfruttare le risorse del regno. Con Ur come capitale, è Ur-Nammu che raccoglie l'eredità dei Sargonidi, che restaura l'unità del paese e organizza, senza dubbio per la prima volta nella storia della Mesopotamia, un vero apparato di stato. (1997, 244).

Di questo periodo sono state trovate testimonianze nella vicina AK1 sove è stato individuato un centro amministrativo che consetvava le bullae e le cretulae dell'oasi. Niente di più facile quindi che durante questa fase si sia verificata una distinzione delle funzioni tra le cittadelle: in AK1, organizzata a caravanserraglio, si sarebbe spostata la parte amministrativo-commerciale mentre AK9 può esser stata destinata a svolgere compiti di presidio militare. Cosa che giustificherebbe la presenza di migliaia di munizioni da lancio (soprattutto proiettili in argilla cruda) distribuite lungo il perimetro della cittadella e dislocate nei punti chiave che, in AKI, risultano invece quasi assenti.
Impianto strategico di Mari III (ca 2200-1900 a.C.). Esternamente corrono le mura di cinta turrite percorse da un pomerio e. all'interno, svetta il mastio.
Impianto strategico di Mari III (ca 2200-1900 a.C.). Esternamente corrono le mura di cinta turrite percorse da un pomerio e. all'interno, svetta il mastio.

Questa spartizione dei ruoli, continuata anche durante la dinastia elamita di Simash (2200­-1850 a.C.), andrebbe allora vista come causa della decadenza di AK9 oramai depauperata di una valenza civile spostatasi di fatto su AK1. Le evidenze archeologiche ci mostrano i segni di un esodo progressivo con l'abbandono delle costruzioni più periferiche e la tendenza ad occupare gli spazi immediatamente a ridosso e all'interno del mastio.

Segno inequivocabile di questo esodo è l'utilizzo delle vecchie abitazioni dapprima come aree di sepoltura per gli infanti, poi come immondezzai. Si ha la netta sensazione di una tendenza all'arroccamento, una contrazione dell'abitato che spinge gli ultimi, pochi abitanti (forse nemmeno una cinquantina e forse nomadi) a rifugiarsi all'interno di un edificio che, per propria natura, era più facilmente difendibile.

Riserva di proiettili per fionda sul pavimento della stanza n. 28 relativo alla sottofase 3B (2000-1800 a.C.). Sotto: frombolieri assiri. Da un bassorilieo di Ninive del British Museum (I mill. a.C.).
Riserva di proiettili per fionda sul pavimento della stanza n. 28 relativo alla sottofase 3B (2000-1800 a.C.). Sotto: frombolieri assiri. Da un bassorilieo di Ninive del British Museum (I mill. a.C.).
Quando nel 1850 a.C. lo stato elamita classico dei Sukkalmahhu deciderà di rinunciare definitivamente alle rotte di terra (troppo costose da proteggere) per potenziare quelle di mare, anche i presidi coloniali in Margiana verranno sgomberati. Per AK9 significherà l'abbandono e la fine e le sue rovine, a partire dal 1500 a.C. circa, verranno episodicamente abitate e sfruttate da bande nomadi o da pastori transumanti.

AK1 resisterà più a lungo anche perche qui si era reimpiantata la popolazione dell'oasi che, bene o male, aveva riorganizzato la propria vita dopo il ritiro della componente elamita. Inoltre, posta su di un tratto della cosiddetta Via della Seta che collegava l'Oxus al Caspio, servirà sempre come punto di riferimento alle carovaniere in transito, quanto meno fino in epoca selgiuchide, come dimostra una sequenza ininterrotta di reperti raccolti nel corso dei pochi saggi in qui operati.

In ogni caso, come convengono tutti gli studiosi, è da situare attorno al 1500 a.C. il definitivo crollo di questo sistema che farà scendere il buio storico sulla Margiana fino all'epoca achemenide.

(ibid., p. 122-137)

Fonte: Rossi Osmida, G.: Adji Kui Oasis.Vol.I: La Cittadella delle Statuette. Venice: Il Punto Edizioni 2007.